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RICERCHE:Le ville di San Giorgio a Cremano
Ricerche e approfondimenti per valorizzare la cultura vesuviana e partenopea.
Le ville di San Giorgio a Cremano
INTRODUZIONE
La fascia vesuviana costiera che si estende fra Napoli e la penisola sorrentina, fra il Vesuvio e il mare, fin dall’antichità, ha favorito l’insediamento dell’uomo che, a dispetto della minacciosa presenza del Vulcano, vi ha raggiunto altissimi livelli di civiltà, arricchendo la già rigogliosa natura dei luoghi con preziose testimonianze della sua cultura.Infatti, proprio grazie alla rigogliosa vegetazione, al colore verde fra le acque azzurre del golfo, allo stesso Vesuvio: minaccioso ma anche simbolo di potenza e forza immane, architetti di tutti i tempi sono stati spronati a edificare opere immortalate nei secoli e le Ville Vesuviane del settecento, del famoso “Miglio d’oro”, realizzate sotto il regno di Carlo III di Borbone, ne sono una concreta testimonianza.
L’edificazione delle ville Vesuviane fu più intensa in diversi luoghi, in particolare lungo la via Reggia, che era situata in un punto suggestivo, perché da una parte c’era il mare e dall’altra il Vesuvio.
Perpendicolarmente a questa via si estendeva la ”strada che porta alla montagna” ,che è collegata col Vesuvio.
Il Duca di Noja
Giovanni Battista Carafa, duca di Noja, fisico e matematico (1715-1768).
Nel 1750 pubblicò una lettera ad un amico per indicare le ragioni per le quali era opportuno delineare una mappa di Napoli e del suo contado.
Cominciò il suo lavoro ma non lo vide finito; morì il 18 luglio 1768, quando la mappa era già a buon punto.
Il lavoro fu continuato dai suoi collaboratori (Giovanni Pignatelli, Nicola Carletti) e pubblicato in 35 fogli nel 1775.
La mappa riuscì pregevole per la competenza e la passione degli operatori e per l’uso della tavola pretoriana .
La Mappa fu commissionata da Carlo III nel 1750 ed ultimata durante il regno di Ferdinando IV, re delle due Sicilie.
Villa Bruno
Cenni storici
La nobile dimora settecentesca fu costruita dai Pignatelli di Monteleone e da questi venduta ai Lieto, che ospitarono per la villeggiatura il Cardinale Ruffo Scilla.
Nel 1816 la famiglia Righetti acquistò la casa e allestì la fonderia che lavorò alacremente per il regno: tra il 1819e il 1822 si realizzò la statua equestre di Carlo III su modello del Canova; nel 1822 si eseguì il secondo cavallo e solo nel 1827, su modello dello scultore, Antonio Cali, fu realizzata la statua di Ferdinando IV.
Due anni più tardi le statue furono collocate dinanzi al palazzo reale di Napoli.
Nel 1877 la villa passò ai Bruno, che impiantarono un’importante vetreria e ne rimasero proprietari fino al 1980, quando fu acquistata, con l’attigua villa Vannucchi, dal Comune di S. Giorgio a Cremano.
Dalla via Cavalli di Bronzo, attraverso il portale d’ingresso, si accede al cortile lastricato, sagomato ad esedra e si prosegue nel vestibolo, dove un busto marmoreo di Giove preannuncia le statue ottocentesche di Bacco, Atena, Proserpina, poste nel giardino.
Dalla scala di gusto neoclassico si accede al piano nobile i cui ambienti sono caratterizzati da affreschi che ripropongono le atmosfere del paesaggio circostante, con scene di fantasia.
La terrazza del piano nobile domina il giardino e il Vesuvio e, come da tradizione ricorrente, il busto di S. Gennaro è posto a proteggere il sito.
Villa Bruno oggi ospita la Biblioteca Vesuviana, una sala Convegni, l’arena spettacolo intitolata a Nino Taranto ecc.
Villa Carsana
Cenni storici
L’edificio, iniziato dai Caracciolo di Lavello, fu poi ampliato dai Caracciolo di Avellino. L’edificio presenta un unico prospetto leggermente curvo che disegna l’innesto con l’attuale via Pessina.
La villa si sviluppa attorno a due cortili. Al civico N°4 di via Pessina, dove la strada già si restringe, vi è la cappella dell’Addolorata, mentre in corrispondenza del terzo ingresso si accede al secondo cortile, quello rustico, attorno al quale si sviluppa la parte dell’impianto destinata alla cura dell’attività agricola.
Il Gleijeses ci racconta il fasto e la magnificenza della residenza estiva settecentesca di cui, oggi, non v’è traccia.
Non esistono più l’enorme salone, la sala da pranzo ellittica, la grande terrazza e due piccoli belvederi.
Il Gleijeses racconta di un lungo viale che portava ad una caffeaus e ad un belvedere. La cappella è a pianta centrale, di forma ottagonale e nei quattro lati obliqui sono realizzati quattro graziosi coretti lignei con finiture dorate, definiti dal Pane tra i più graziosi della Campania.
Si racconta che la Cappella fu costruita a metà del Settecento per volere della principessa di Avellino, donna Maria Carafa di Maddaloni che chiese l’autorizzazione ecclesiastica per impiantare un piccolo convento di clausura.
Quando le fu negata tale autorizzazione, decise di inserire nei quattro coretti, che avrebbero dovuto ospitare le suore, sagome di legno intagliate, “…effettivamente un’idea doppiamente barocca”, come commenta il De Seta.
Villa Cerbone
Cenni storici
La villa è appartenuta in origine alla famiglia Cariati ed è stata completamente rifatta in occasione del restauro eseguito nella prima metà del secolo.
Malgrado la veste ottocentesca, l’impianto è quello originario con la particolare successione del Vestibolo che porta all’ampio atrio ellittico, da cui si dipartono le due rampe di scale simmetriche che, nascoste in una doppia fodera, portano a un secondo atrio al piano superiore, identico al sottoposto e che, attraverso tre porte, disimpegna gli appartamenti del piano nobile.
Dai tre pilastri, su cui poggia ciascuna rampa, si dipartono corrispondenti nervature che suddividono il soffitto voltato in sei spartiti.
Dal controprospetto si legge la sagoma ellittica delle pareti perimetrali che ospitano i rampanti: affascinante spazio che si curva fuoriuscendo dal corpo principale della villa.
Nelle pareti curve, le due finestre laterali conservano la cornice superiore flessa, di chiara marca barocca, che ricorda l’andamento della scala interna.
Nell’atrio, il tondo al centro della volta ospita un grande affresco ottocentesco.
Nulla rimane del grande giardino che nella pianta del Duca di Noja è descritto completo di statue, busti e sedili.
Villa Cosenza
Cenni storici
La mappa del Duca di Noja del 1775 mostra la villa con una tipologia tipica dell’architettura dell’epoca: un fronte continuo sulla strada, collegato a due brevi ali laterali che delimitavano il cortile ed un lungo viale che dava accesso al giardino rustico.
La proprietà apparteneva in origine ai marchesi Vannucchi ed era collegata con il giardino della magione da un’esedra posta sulla strada.
L’aspetto attuale non si discosta molto da quello originario, ad eccezione dei due corpi laterali e del giardino, alienato con la vendita dei beni dei Vannucchi.
Un restauro ottocentesco modificò la facciata con eleganti elementi decorativi ed un bugnato a stucco con due ordini sovrapposti di paraste e, nel Novecento, seguendo il gusto innovativo nella scelta dei nuovi materiali, si realizzarono pregevoli vetrate in ferro battuto, datate 1904 e vetri policromi.
Dal portone d’ingresso ad arco ribassato, sul quale ancora si legge il nome degli antichi proprietari, si accede all’atrio, caratterizzato da un doppio porticato sorretto da pilastri squadrati, che creano una simmetria di volumi e fanno da invito alle rampe di scale che conducono al piano nobile.
Dai Vannucchi la piccola dimora rustica passò alla famiglia Cosenza da cui attualmente prende nome e che ancora la abita.
Villa Giulia
Cenni storici
E’ una delle poche dimore settecentesche che non rispetta nella configurazione planimetrica la consueta tipologia delle ville coeve.
Posta sulla via Cavalli di Bronzo e stretta tra le più imponenti dimore, Bruno e Vannucchi, presenta uno sviluppo asimmetrico: la facciata, caratterizzata da una listatura a stucco, si arretra rispetto al piano terra, per dar vita ad un’ampia terrazza; in corrispondenza del portale d’ingresso, la pianta segue l’andamento del lotto.
Dalla via Cavalli di Bronzo, attraverso il portale, si accede all’atrio di ampie dimensioni, con archi e volte a crociera, sul quale si apre la scala e si accede al giardino che conserva, ancora oggi, il viale pergolato, la fontana di fondo, piante di agrumi ed altre essenze mediterranee, creando un piacevole momento di sosta.
Nel 1877 la Villa era proprietà di Camilla De Gennaro, dalla quale passò al marchese Giuseppe Vannucchi ed in seguito a sua figlia Sofia.
Nel 1942 fu venduta a Valentina De Marchi e poi a Luigi Rocco e Rosaria Rago.
Villa Leone
Cenni storici
Il palazzo, in origine, apparteneva alla famiglia Berio, casata nobile napoletana.
I Berio erano di un prestigio tale da dare il nome all’antica strada settecentesca (corrispondente all’attuale via Pessina).
Successivamente la villa è passata alla famiglia Macchucca Vargas, principi di Casapesenna, a cui appartiene lo stemma in marmo sul portale recante la scritta “Macchucca assi assi Vargas Macchucca”.
La facciata neoclassica, completamente rifatta nel restauro ottocentesco, è spartita in due fasce: il piano terra a bugnato che funge da basamento alla parte superiore che ospita due ordini di balconi, quelli del piano nobile ed un secondo di dimensioni ridotte.
Il piano nobile presenta balconi panciuti, eredità probabilmente della precedente veste settecentesca.
Superato il portale, si accede nel grande atrio con cupola ellittica. Dal grande atrio si passa al posteriore porticato a cui corrisponde una lunga terrazza panoramica, su cui si affacciano le sale affrescate del piano nobile.
La presenza di un terrazzo pensile, che sovrasta il cortile, ha dato un utile contributo alla monumentalità della villa.
Il restauro del 1830 ha salvato gli affreschi interni ed i sontuosi camini in marmo del piano nobile.
Dal 1913, infine, è di proprietà della famiglia Leone.
Villa Pignatalli
cenni storici
Il palazzo è stato edificato dalla principessa Emanuella Caracciolo Pignatelli, duchessa di Montecalvo che, tra l’altro, donò la statua di S. Giorgio, oggi ospitata nella chiesa di S. Maria del Principio, santo patrono della cittadina.
Dopo la duchessa, la proprietà fu divisa, alla fine dell’ottocento, tra due fratelli, Carlo e Paolo. A quest’ultimo, essendo il secondogenito, toccò la piccola cappella ed il resto delle strutture che costituiscono il corpo rustico che normalmente si dava in fitto.
Il corpo principale è costituito da una pianta ad “U ”, simmetrica rispetto al grande atrio a cupola ellittica.
Il lato lungo fronte strada si sviluppa su due piani e presenta sulle testate rastremate due terrazzi panoramici, di cui uno guarda il Vesuvio, mentre dall’altro si vedeva il mare.
La costruzione dell’autostrada ha, infatti, rovinato questo manufatto amputandone, tra l’altro, l’ala meridionale e rovinandone parte del giardino.
L’atrio a volta ribassata affaccia nel cortile retrostante dove sono ancora conservati i due antichi pozzi ed una cancellata consente l’accesso al giardino dove resistono alcune statue.
In fondo al lungo viale vi è l’ingresso secondario da cui si accedeva dalla strada che sul Duca di Noja è detta “che porta ai Catini”: questo antico asse corrisponde all’alveo S.Michele.
Villa Sinicropi
Cenni storici
La villa presenta un prospetto stradale di chiara marca settecentesca, pur nella sua semplicità: al centro della facciata, quasi priva di rifiniture, grazioso è il disegno del portale con il sovrastante cartiglio barocco, la cui sagoma si curva per collegarsi alla soglia del sovrastante balcone.
Una lapide ricorda che è stata la dimora di Enrico Pessina, noto penalista partenopeo, morto agli inizi del secolo.
La villa ha una pianta rettangolare con due corpi secondari a terrazza, poi trasformati in verande, che chiudevano il cortile sui due lati.
Il lato lungo fronte strada si sviluppa su due piani e presenta sulle testate rastremate due terrazzi panoramici, di cui uno guarda il Vesuvio, mentre dall’altro si vedeva il mare.
La costruzione dell’autostrada ha, infatti, rovinato questo manufatto amputandone, tra l’altro, l’ala meridionale e rovinandone parte del giardino.
L’atrio a volta ribassata affaccia nel cortile retrostante dove sono ancora conservati i due antichi pozzi ed una cancellata consente l’accesso al giardino dove resistono alcune statue.
In fondo al lungo viale vi è l’ingresso secondario da cui si accedeva dalla strada che sul Duca di Noja è detta “che porta ai Catini”: questo antico asse corrisponde all’alveo S.Michele
Villa Tufarelli
Cenni storici
La villa è tuttora la residenza dell’attuale proprietario, il conte Fabrizio Tufarelli ed è in ottimo stato di conservazione non avendo subito, una tra le poche, alcun tipo di frazionamento.
Come si nota subito, la solitaria dimora, che lontana dal mare godeva della vista del Vesuvio e del paesaggio campestre, era immersa nelle terre coltivate che degradavano verso la costa.
La costruzione attuale è frutto delle modifiche successive apportate ad una piccola casa con torricella, edificata dai Bolino nel sedicesimo secolo e da cui prende il nome Sul Duca di Noja, dove è chiamata appunto “li Bolini”.
La fabbrica fu ampliata già dai Bolino che costruirono, tra l’altro, la cappella della Madonna del Carmine.
La cappella, che è la più antica chiesetta dopo quella di S. Giorgio Vecchio, ancora oggi accoglie i fedeli della zona.
All’interno della cappella si trovano antichi stucchi e dipinti di pregio: sull’altare principale vi è una tela del Solimene, mentre sui due altari laterali vi sono due tele attribuite allo Spadaro e al Giordano; a terra il pavimento in maioliche è decorato con lo stemma della casata.
Un grazioso coretto, direttamente collegato con l’abitazione, consentiva alla famiglia nobile di seguire la messa senza uscire dal palazzo.
La villa si presenta come un casale fortificato. Varcando il portale si accede alla grande corte rustica dove si svolgeva l’attività agricola ed alla sinistra di chi entra, attraverso un portico, si accede alla scala con balaustra in piperno che porta su alle stanze del piano nobile.
Villa Vannucchi
Cenni storici
L’impianto architettonico è il secondo per estensione dopo la reggia di Portici e che l’opera era stata costruita con una tale munificenza che persino la cancellata è così bella e importante che fu per imposizione ministeriale risparmiata per il suo alto valore artistico quando, durante la seconda guerra mondiale, fu requisito il ferro.
Anche nella mappa del Duca di Noja la villa spicca soprattutto per la bellezza del disegno del parco: esaltante è l’architettura particolarissima della fontana che si sviluppa al centro della tenuta.
Il viale principale conduce ad una fontana centrale con quattro vasche laterali simmetriche. Da questo fulcro si dipartivano circa quindici viali principali a raggiera ed intervallati da siepi.
In fondo, a confine con altre ville minori, era stato eretto un padiglione dal romantico nome “Eremitaggio”.
E’ stata ristrutturata in questi ultimi anni e aperta al pubblico.(fda)