30 MIGNON – Padova dal 22 febbraio al 4 maggio 2025

Gruppo Mignon, fotografie di: Fatima Abbadi, Ferdinando Fasolo, Giovanni Garbo, Giampaolo Romagnosi, Davide Scapin
La Giordania richiama alla mente luoghi di millenarie culture e splendidi monumenti: siti meravigliosi come Petra, il deserto di Wadi Rum e la Valle del Giordano, che popolano l’immaginario occidentale grazie alle testimonianze dei viaggiatori che nei secoli hanno visitato queste terre, e più recentemente grazie a numerosi film, come Lawrence d’Arabia, Indiana Jones, Star Wars e Dune che con la loro diffusione hanno contribuito ad un aumento importante del turismo in questi luoghi.
La Giordania però è anche una terra popolata da tempo immemore da genti di culture diverse che convivono in armonia. È una terra che sin dall’antichità, grazie alla sua posizione strategica, è stata crocevia di scambi culturali e commerciali, rotta di pellegrinaggi verso la Mecca, teatro di battaglie e conquiste imperiali di cui rimane traccia nei numerosi siti archeologici. Una terra che è testimone della nascita e dello sviluppo delle tre religioni abramitiche e nella quale ancora oggi, a dispetto di quanto succede in molte altre aree del Medio Oriente, cristiani e musulmani convivono in armonia e nel rispetto reciproco, tanto da rendere questa particolare attitudine alla tolleranza e alla fratellanza uno degli aspetti fondanti del tessuto sociale e identitario del Paese.
Dopo due viaggi in quelle terre, e centinaia di pellicole fotografiche esposte, si è reso evidente che il nostro progetto sarebbe diventato un omaggio al popolo giordano, alle centinaia di persone che con naturalezza si sono lasciate riprendere, e molto spesso ci hanno anche chiesto di essere fotografate.
All’approssimarsi dei trent’anni di attività del nostro gruppo, questo progetto riveste un ruolo molto importante e per diversi motivi. Oltre ad avere come elemento dominante l’uomo nel suo ambiente, anche per questo progetto le immagini sono state scelte dando priorità alla sequenza narrativa suggerita dal tema, piuttosto di dare importanza ai singoli fotografi; questa scelta è sempre stata una delle nostre caratteristiche, finalizzata ad una effettiva condivisione dei progetti. La ‘fotografia di strada’, per come viene praticata negli ultimi anni, è diventata quasi un pallido ricordo della cosiddetta ‘fotografia umanista’ dei grandi maestri del passato. Il nostro approccio rimane invece ancorato alla tradizione fotografica, sia per quanto riguarda i riferimenti culturali e storici, che per i mezzi operativi utilizzati, dall’impiego della pellicola alla stampa in camera oscura. Crediamo che nel lavoro dei grandi fotografi del passato vi sia quanto di meglio è stato prodotto in termini di efficacia narrativa e capacità di trasmettere significati, desideri e aspettative proprie di tutti gli esseri umani; con il passare del tempo, quel tipo di fotografia riesce ancora a trasmettere tutti quei messaggi, e questo la rende sempre attuale.
Questo progetto ci ha permesso di praticare un approccio alla fotografia che credevamo fuori dal tempo e di cui invece abbiamo fatto magicamente esperienza con il popolo giordano.
Tutto questo però non sarebbe stato possibile senza la straordinaria determinazione di Fatima, soprattutto nel farci toccare con mano quanto luoghi comuni e stereotipi possano contribuire ad allontanare anziché avvicinare le persone di diverse culture.
Di mamma italiana e papà giordano-palestinese, Fatima vive a cavallo tra la cultura occidentale e quella mediorientale, sentendo spesso su se stessa il peso dell’essere considerata ‘diversa’, ma riuscendo a trovare nella fotografia un linguaggio con cui combattere i pregiudizi. In lei sembra trovare compimento il significato che alcune organizzazioni che lavorano per la pace nel mondo hanno voluto dare al famoso simbolo della Mano di Fatima, con un occhio al centro del palmo, come auspicio di pace e armonia fra i popoli.
Con questo lavoro crediamo di essere riusciti a chiudere un cerchio iniziato grazie all’incontro, agli insegnamenti e all’amicizia con Walter Rosenblum. Nonostante sia stato testimone diretto di alcuni fra i peggiori eventi del passato, partecipando allo sbarco in Normandia nel D-Day e alla liberazione del campo di Dachau, e più recentemente assistendo al crollo delle Torri Gemelle, Rosenblum non ha mai perso l’occasione di dichiarare il suo amore per tutti gli uomini affermando che, se messo nelle migliori condizioni di vita, qualsiasi essere umano darebbe solo il meglio di se stesso, contribuendo a costruire una società migliore. La sua passione nel diffondere l’esempio dei propri maestri, Lewis Hine e Paul Strand, speriamo trovi oggi riscontro nel nostro lavoro per diffondere il suo insegnamento.
Resta il fatto che l’aspetto fotografico di questa esperienza, che si è rivelata molto complessa, riesce a riflettere solo in parte quello che abbiamo vissuto.
Speriamo comunque che in questi tempi di divisioni e terribili distruzioni il nostro piccolo contributo possa essere di auspicio per creare empatia e gettare ponti fra i popoli della terra.
RICONOSCO ME STESSO NEGLI OCCHI DI OGNI SCONOSCIUTO
Guppo Mignon, fotografie di: Fatima Abbadi, Ferdinando Fasolo, Alessandro Frasson, Giovanni Garbo, Mauro Minotto, Giampaolo Romagnosi, Davide Scapin.
Il gruppo Mignon ha conosciuto Walter Rosenblum nel 1999, in occasione di una sua esposizione tenutasi alla Galleria Cavour di Padova. Da allora, e fino alla sua scomparsa, le frequentazioni con il maestro americano sono state molteplici e ininterrotte.
Ancora oggi il gruppo fa tesoro del suo esempio, nella volontà per dare continuità ad un modo di intendere la fotografia che trova le sue origini nella fotografia sociale e documentaria della prima metà del novecento, ma che può svolgere un ruolo attivo e positivo anche nella società contemporanea.
Per questo, in occasione del suo 30° anniversario, Mignon vuole celebrare l’insegnamento del suo maestro, il quale per tutta la vita ha sostenuto che con la fotografia si possa dimostrare che la dignità è un sentimento universale, e che non esistono differenze fra gli uomini basate sulla razza, sulla religione, sulla nazionalità o sulle condizioni economiche.
“Il male non è intrinseco negli esseri umani” sosteneva “in una società altruista verrebbe fuori soltanto il meglio dell’uomo”.
Walter Rosenblum ha usato il suo mezzo espressivo per comunicare aspirazioni e valori condivisi, suscitando rispetto reciproco tra genti che non si conoscono. Ha usato la macchina fotografica perché gli uomini si possano riconoscere, nella speranza che comprendere serva a cancellare ignoranza e paura, principali cause di tante ingiustizie sociali.
Mignon vuole continuare su questa strada.
Mignon è un’associazione di fotografi, con sede in provincia di Padova, nata nel 1995 per realizzare un progetto fotografico finalizzato alla ricerca dell’uomo e del suo ambiente. Il successo di critica e l’interesse per le esposizioni del gruppo hanno portato Mignon ad occuparsi anche della promozione di manifestazioni, corsi, serate, incontri e mostre di altri fotografi. Sin dall’inizio il gruppo ha sentito un profondo interesse nei confronti delle storiche testimonianze della fotografia con vocazione sociale: dal fondamentale lavoro realizzato dalla F.S.A. Farm Security Administration, all’ineguagliabile funzione ricoperta dalla Photo League nella crescita della cultura fotografica, fino alle migliori pagine del fotogiornalismo mondiale (LIFE e i fotografi di Magnum). Alcuni incontri con fotografi “umanisti” hanno contribuito a fornire grande vigore ed entusiasmo al progetto. Le frequentazioni con Giovanni Umicini e Walter Rosenblum hanno influenzato la poetica del gruppo determinando un’attenzione particolare, fin dai primi anni, alla “Street Photography” e agli strumenti operativi da utilizzare: un bianconero essenziale, seguito dalla ripresa fino alla stampa finale.
Mignon ha pubblicato più di trenta libri fotografici tra i quali segnaliamo “Fotografie Mignon” (1999), “Altre umanità” (2001), “20 Mignon” (2016), “Rethinking the human street” (2018), e ha realizzato decine di mostre fotografiche in Italia e all’estero, tra le quali: Centro Nazionale di Fotografia di Padova (2001), Centro Culturale Candiani di Mestre (2016), Museo Leonardiano di Vinci – Firenze (2018), Castello di San Vito al Tagliamento nell’ambito di Friuli Venezia Giulia Fotografia organizzato dal CRAF (2018), Istituto Italiano di Cultura (Edimburgo 2018).
Attualmente il gruppo è composto da Giampaolo Romagnosi, Ferdinando Fasolo, Fatima Abbadi, Davide Scapin, Giovanni Garbo, Mauro Minotto.
WALTER ROSENBLUM. Master of photography
In occasione dei 30 anni dell’Associazione Culturale Mignon, un evento imperdibile celebra la fotografia come testimonianza e memoria collettiva: una grande mostra dedicata a Walter Rosenblum, uno dei più importanti fotografi americani del XX secolo.
Un viaggio straordinario attraverso oltre 110 fotografie vintage, molte delle quali mai esposte prima, che raccontano le vicende umane e storiche immortalate dall’obiettivo di Rosenblum: dagli immigrati di New York alla Seconda Guerra Mondiale, dai rifugiati spagnoli alla vita nei quartieri popolari di Harlem e del Bronx.
Attraverso i suoi scatti, Rosenblum ha saputo cogliere la dignità e la resilienza dell’essere umano, offrendo un messaggio di speranza che continua a ispirare generazioni di fotografi e appassionati d’arte.
Walter Rosemblum (New York City, 1919-2006) ha esercitato la professione di fotografo per più di cinquant’anni contribuendo notevolmente all’affermazione della fotografia nel corso del ventesimo secolo. A 18 anni entrò a far parte della Photo League, dove conobbe Lewis Hine e altri significativi fotografi tra i quali Berenice Abbott e Paul Strand, del quale fu allievo. Più tardi in questa organizzazione divenne responsabile del comitato espositivo, caporedattore della rivista Photo Notes, e infine presidente. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Rosenblum prestò servizio come fotografo e cineoperatore nell’esercito americano e partecipò allo Sbarco in Normandia a Omaha Beach. In seguito, il suo gruppo di 5 cineoperatori venne affiancato a varie unità da combattimento stanziate in Francia, Germania e Austria. Fu così che si trovò tra i primi a filmare l’interno del campo di concentramento di Dachau. Rosenblum è stato uno dei fotografi più decorati della Seconda Guerra Mondiale. Tra le medaglie ricevute figurano la Silver Star, la Bronze Star, la Purple Heart e una Presidential Unit Citation. Ha avuto il riconoscimento del D-Day Museum di New Orleans ed è stato insignito del titolo di Liberatore di Dachau dal Centro Simon Wiesenthal. Rosenblum ha fotografato alcuni dei più significativi eventi del ventesimo secolo: l’esperienza degli immigrati nella Lower East Side di New York, la Seconda Guerra Mondiale, i rifugiati della guerra civile spagnola in Francia, la vita del quartiere di Harlem, del Bronx e di Haiti. La sua carriera è stata arricchita da un’intensa attività didattica, iniziata nel 1947 presso il Brooklyn College (CUNY). Inoltre ha insegnato alla Yale Summer School of Art per 25 anni e alla Cooper Union, così come ai Rencontres internationales de la Photographie d’Arles (Francia), al C.R.A.F (Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia) di Spilimbergo (Italia) e a San Paolo (Brasile). Nel 1998 l’International Center of Photography gli ha conferito l’Infinity Award for Lifetime Achievement assieme alla moglie Naomi Rosenblum, celebre storica della fotografia. Con lei Rosenblum ha curato numerose mostre di respiro internazionale, tra cui la fondamentale retrospettiva dedicata a Lewis Hine nel 1977 dal Brooklyn Museum e quindi esposta in numerose sedi negli Stati Uniti e successivamente ospitata in Cina, quale prima mostra proveniente da un museo americano. Le sue fotografie sono presenti in oltre 40 collezioni internazionali, incluso il J. Paul Getty Museum, la Library of Congress, la Bibliothèque Nationale di Parigi e il Museum of Modern Art di New York.